Inauguriamo il blog con la storia italiana del tattoo <3
La pratica del tatuaggio era diffusa già nell'Italia preistorica come testimonia la mummia di Oetzi, i cui resti sono stati rinvenuti nel ghiacciaio del Similaun nel 1992. Le testimonianze sull'effettiva continuità della pratica del tatuaggio sono sporadiche:gli schiavi romani venivano marchiati con le iniziali del proprio padrone o, nel caso fossero stati sorpresi a rubare, erano marchiati a fuoco sulla fronte.
I soldati romani invece, furono influenzati dalle usanze dei Britanni,
con i loro corpi dipinti, e dei Traci, feroci gladiatori spesso tatuati, al punto che i legionari iniziarono tatuarsi il
nome dell'Imperatore.
Costantino nel 325 d.c. abbia proibito il tatuaggio sul
viso ai cristiani di tutto l'Impero Romano perché ”deturpava ciò che era
stato creato ad immagine di Dio” fa pensare che ci fosse l'abitudine da
parte dei primi cristiani di marchiarsi per testimoniare la propria
fede.
Il tatuaggio venne di fatto definitivamente proibito da Papa Adriano I
nel 787 durante il Concilio di Nicea e tale veto venne ribadito da
successive bolle papali. Nonostante il divieto ufficiale, l'abitudine a
segnare indelebilmente il corpo sopravvisse, spesso in clandestinità,
sopratatutto nelle classi meno abbienti, fra i soldati e in alcuni
luoghi di culto cristiani come il Santuario di Loreto. Qui, fino alla metà degli anni Cinquanta,
esistevano i frati marcatori, ovvero frati che incidevano piccoli segni
devozionali fra i pellegrini. I segni tatuati nel Santuario di Loreto
venivano effettuati sui polsi o sulle mani ed erano simboli cristiani o
soggetti “amorosi”: i primi, inizialmente molto semplici come una croce o
come la rappresentazione delle stigmate, si fecero via via sempre più
complessi come la stilizzazione della stessa Madonna di Loreto, simboli
del proprio ordine religioso, oppure segni marinareschi poiché i marinai
erano i primi difensori della costa adriatica contro gli invasori
turchi. Gli attacchi dei pirati inducevano anche gli abitanti della
costa a tatuarsi segni cristiani poiché, in caso di morte violenta,
sarebbero stati riconosciuti come fedeli e dunque sepolti in terra
consacrata; i tatuaggi a carattere “amoroso” erano invece effettuati dalle spose
come promessa a Dio e augurio e contemplavano soggetti come due cuori
trafitti, frasi o il simbolo dello Spirito Santo. Anche le vedove si
tatuavano, in ricordo del defunto, soggetti come il teschio con le tibie
incrociate, il nome del morto o la frase “memento mori”.
Il tatuaggio riemerge dall'ombra nella seconda metà del XIX secolo, con la pubblicazione, nel 1876, del saggio L'uomo delinquente
di Cesare Lombroso. Egli mette in stretta correlazione il tatuaggio e
la degenerazione morale innata del delinquente: il segno tatuato è fra
quelle anomalie anatomiche in grado di far riconoscere il tipo
antropologico del delinquente. Il delinquente nato mostra
specifiche caratteristiche antropologiche che lo avvicinano agli animali
e agli uomini primitivi e l'atto di tauarsi di criminali recidivi è
sintomo di una regressione allo stato primitivo e selvatico. L'uomo delinquente però è anche un catalogo approfondito di tutte le tipologie di
tatuaggio che potevano essere reperite all'epoca: il saggio è ricco di
descrizioni di tatuaggi e delle storie degli uomini che li portano,
soldati ma suprattutto detenuti, criminali e disertori, fornendo così un
ampio squarcio sulle usanze del tempo. Lombroso cataloga i tatuaggi in
segno d'amore (iniziali, cuori, versi); simboli di guerra (date, armi,
stemmi); segni legati al mestiere (strumenti di lavoro, strumenti
musicali) animali (serpenti, cavalli, uccelli); tatuaggi di soggetto
religioso (croci, Cristi, Madonne, Santi). In seguito alla diffusione
delle teorie di Cesare Lombroso, il tatuaggio subisce un'ulteriore
censura ed è per questo che, contrariamente ad altri paesi occidentali,
non nascono studi e botteghe professionali fino alla fine degli anni
'70.
Dalla fine degli anni '60 - inizio anni '70 in poi la cultura del
tatuaggio ha conosciuto una progressiva diffusione, prima nelle
sottoculture giovani hippy e fra i motociclisti e poi ha conquistato
lentamente ogni strato sociale e ogni fascia d'età. Fra gli anni '70 e
gli anni '80 si affacciano sulla scena italiana i primi tatuatori
professionisti, artisti pionieri della tattoo art in questo paese.
Ai giorni nostri questa straordinaria forma d'arte è sempre più popolare, riscontrando successo soprattutto tra i giovani. Non sono tuttavia scomparsi i pregiudizi ma sono sicura con con il tempo il tatuaggio farà parte della vita di tutti noi!