In Giappone il tatuaggio è comunemente chiamato irezumi 入れ墨, “inserire inchiostro nero” o horimono 彫り物, “incidere qualcosa”. I due termini in passato non erano sinonimi, ma indicavano due tipi particolari di tatuaggio: gli irezumi erano i tatuaggi dei criminali, mentre gli horimono erano i tatuaggi fatti per gusto personale. Oggi i due termini hanno lo stesso significato.
Una delle
più antiche certificazioni che abbiamo riguardo all’irezumi è contenuta
nell’antologia imperiale Nihon Shoki (720 d.C.), in cui si narra che
l’Imperatore Richū ordinò di tatuare di nero la zona vicina all’occhio destro
della salma di un capo clan traditore della corte.
La
pratica del tatuaggio come punizione venne introdotta in Giappone con molta
probabilità dalla Cina dei Tang nel VII secolo, momento in cui il Giappone si
aprì al continente e importò gran parte della cultura cinese. I tatuaggi
punitivi erano dei marchi indelebili sulla pelle del criminale che lo isolavano
dal resto della comunità e solitamente erano delle strisce nere sulle
braccia o addirittura l’ideogramma di “cane” sulla fronte.
All’inizio
del periodo Tokugawa il tatuaggio ebbe un grande impulso artistico collegato
alla nascita della nuova cultura del divertimento e dei quartieri di piacere:
in questo contesto i tatuaggi divennero un emblema dei sentimenti d’amore,
anche tra prostitute e clienti, e nacque la pratica dell’irebokuro入れ黒子, “applicazione di un neo”:
i due innamorati si tatuavano un punto nero sulla mano a metà strada tra l’attaccatura
del pollice e il polso. In questo modo, quando si sarebbero stretti la mano, la
punta del pollice dell’uno avrebbe toccato il neo tatuato dell’altra e
viceversa. Sempre
collegato all’amore era il kishibori, un voto sottoforma di tatuaggio
che consisteva nel tatuarsi il nome dell’amato/a insieme all’ideogramma di
“vita”; la pratica dell’irebokuro venne
soppressa dal regime militare dei Tokugawa, che combatteva ogni tipo di
individualità.
Fino al
1750 il tatuaggio cadde in disuso, ma da questo periodo i giapponesi
ritrovarono un profondo interesse per i tatuaggi, interesse che si è tramandato
fino ad oggi. L’opera di grandi artisti dell’epoca contribuì senza ombra di
dubbio a questo processo: all’inizio del 1800 venne pubblicata “La nuova
edizione illustrata del Suikoden”, arricchita da illustrazioni di Katsushika
Hokusai. Questa opera si rifà a un’opera cinese, dove un gruppo di
briganti-eroi si ribellano contro la corrotta burocrazia; alcuni dei personaggi
avevano dei tatuaggi sul proprio corpo. Hokusai rappresentò in modo così vivido
i tatuaggi di questi banditi-eroi che i giapponesi ne rimasero estasiati al
punto da dar vita a una nuova diffusione dell’irezumi, che sembra
sia stata causata proprio dalla voglia di emulare i personaggi del Suikoden.
Nel XIX
secolo nacque l’iconografia dell’irezumi come la conosciamo oggi:
venivano coperti tutta la schiena, i glutei fino a metà coscia, il petto non
era tatuato nella parte centrale.l tatuaggio assume così il valore di una
vera e propria opera d’arte. Ma proprio durante questo secolo il tatuaggio giapponese
conobbe una nuova crisi, poiché veniva considerato un fenomeno non idoneo alla
morale pubblica, e venne prescritto. L’apertura del paese all’Occidente fu un
altro duro colpo per quest’arte: l’irezumi venne ancora una volta
prescritto, ma stavolta perché si temeva che lo sfoggio dei costumi autoctoni
potesse apparire ridicolo agli occidentali. Soltanto
in seguito alla Seconda Guerra Mondiale il tatuaggio divenne legale, ma ormai
il periodo di maggior splendore di questa arte era già un ricordo.
Oggi il
tatuaggio in Giappone è spesso associato all’idea di yakuza: sono
proprio i membri della cosiddetta “mafia gialla” a portare grandi tatuaggi su
tutto il corpo, quasi come segno di riconoscimento. Per questo motivo,
nonostante molti giovani si fanno tatuare solo per gusto, in molti bagni
pubblici o terme giapponesi non è consentito l’ingresso a persone tatuate. Purtroppo
l’antica arte dell’irezumi si sta via via estinguendo, poiché i maestri
che conoscono le antiche tecniche stanno scomparendo e i giovani preferiscono
utilizzare macchinari moderni; ben presto i pochi maestri rimasti moriranno e
l’arte dell’irezumi si estinguerà per sempre.
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